Per il reato di omessa presentazione della dichiarazione, l’imposta evasa non può essere determinata solo sulla base del volume d’affari dichiarato senza tener conto dei costi sostenuti. Questo, in breve, il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sez. 3 penale con la sentenza 21639 del 16 maggio 2018.
Nel caso di specie il Tribunale di Benevento aveva determinato il profitto conseguito da una Srl in via induttiva, prendendo come riferimento il volume di affari dichiarato dalla stessa società nella dichiarazione Iva per l’anno di imposta 2013. Il Tribunale, però, non aveva tenuto conto dei rilievi formulati dalla difesa dei ricorrenti sulla necessaria decurtazione dal reddito imponibile dei costi riportati nella medesima dichiarazione. Questo modo di procedere, ad avviso della Corte, “appare del tutto immotivato e in contrasto coi principi elaborati in materia di verifica della congruità degli accertamenti tributari”.
La Corte ricorda che, in caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’amministrazione finanziaria può ricorrere a presunzioni (non necessariamente gravi, precise e concordanti) per accertare l’imposta sui redditi. I costi, pertanto, possono essere calcolati anche induttivamente, in caso contrario si considererebbe reddito d’impresa il profitto lordo anziché quello netto. È vero, poi, che in materia penale le regole fiscali subiscono delle limitazioni e i costi non contabilizzati devono essere accompagnati da allegazioni fattuali che provino almeno il ragionevole dubbio della loro esistenza. Il ricorso della difesa, pertanto, è stato accolto dalla Corte e rinviato al Tribunale di Benevento.
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