Più occupati, ma non più qualificati. È uno dei trend del settore turistico emersi dall’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo “Boom del turismo: crescono gli occupati, ma non la qualità dei profili”, pubblicata oggi. Stando agli ultimi dati Istat, nell’ultimo anno il comparto dei servizi di alloggio e ristorazione è quello che ha registrato la maggior crescita occupazionale (+10,3%). Nel confronto con l’anno precedente, il numero di impiegati nel settore è passato da 1 milione 259 mila a 1 milione 338 mila (130 mila in più, pari al 25,3% dei nuovi posti di lavoro creati durante i 12 mesi). Dati confermati anche dall’ultimo bollettino Excelsior, secondo cui è proprio il turismo a offrire le maggiori opportunità di impiego. Segnali positivi, che consentono al comparto uscito più martoriato dalla pandemia di recuperare e superare i livelli occupazionali pre-Covid (+0,9% rispetto al 2019). Eppure, l’esplosione del turismo mal cela delle ombre: su 100 occupati, infatti, solo il 17,1% rientra tra le professionalità ad alta qualificazione. La maggioranza (73,9%), invece, presenta una media qualificazione, mentre le figure a bassa qualificazione sono il 10% circa. Nell’ultimo anno, in particolare, la crescita occupazionale ha riguardato soprattutto i livelli professionali intermedi (+17,8%), a scapito di quelli elevati (-4,3%) e bassi (-7,5%). La ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, infine, opera un confronto tra le dinamiche occupazionali registrate dal comparto turistico italiano e quelle che hanno visto protagonisti gli altri Paesi europei.
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