La contrattazione collettiva può individuare le esigenze per le quali è consentita la stipula di un contratto di lavoro intermittente, ma le parti sociali non hanno il potere di interdirne l’utilizzo. È quanto precisa l’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella circolare n. 1/2021 alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 29423/2019. Dunque, nell’ambito dell’attività di vigilanza, non verranno prese in considerazione eventuali clausole sociali che si limitino a “vietare” il ricorso al lavoro intermittente. In tali casi – ferme restando le indicazioni già fornite in merito ai contratti sottoscritti da soggetti privi del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi – occorrerà quindi verificare se il ricorso al lavoro intermittente sia invece ammissibile in virtù della applicazione delle ipotesi c.d. oggettive individuate nella tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923 ovvero delle ipotesi c.d. soggettive, ossia “con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni”. La sentenza della Cassazione – precisa infine l’INL – non incide su quanto già indicato dal Ministero del Lavoro per il settore dell’autotrasporto, ovvero che, alla luce delle ipotesi c.d. oggettive, la discontinuità è riferibile alle attività del solo personale addetto al carico e allo scarico.
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