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Lunedì, 09 Ottobre 2017 18:20

Licenziamento collettivo non legittima espulsione lavoratrice madre

Solo la chiusura dell’intera azienda e non sono di un reparto della stessa, può legittimare il licenziamento di una lavoratrice madre. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22702/17 conferma l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la risoluzione del rapporto, intimata durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento (fino ad un anno di vita del bambino), comporta un differimento di efficacia che decorrerà dalla fine del divieto stesso.

L’inefficacia del licenziamento intimato durante la gravidanza, nel corso di una procedura di licenziamento collettivo ha visto condannare il datore a corrispondere alla lavoratrice, in luogo della reintegrazione, l’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto ed ulteriori 5 mensilità a titolo di risarcimento del danno, oltre accessori.

Nel caso specifico la società ricorrente affermava che la Corte territoriale avrebbe errato nel non ritenere integrata la condizione della cessazione dell’attività dell’azienda, posto che erano stati licenziati, a seguito della procedura di mobilità i dipendenti di una filiale, tra i quali si trovava la lavoratrice madre. La condizione legittimante l’esenzione dal divieto dì licenziamento valeva anche laddove, come nel caso di specie, si era verificata la chiusura del solo reparto di contact center – dotato di autonomia funzionale – presso cui prestava attività la lavoratrice in gravidanza.

La Corte di Cassazione con le sentenze nn. 18810/13 e 18363/13 si era espressa affermando che solo in caso di cessazione dell’attività dell’intera azienda è possibile il collocamento in mobilità della lavoratrice madre, in quanto il DLgs. n. 151/01 prevede la non applicabilità del divieto di licenziamento nell’ipotesi chiara di cessazione dell’attività dell’azienda alla quale la lavoratrice è addetta. Tale principio non è suscettibile d’interpretazione estensiva o analogica.

Inoltre, per dare continuità alla sentenza n. 10391/05 secondo cui, in tema di tutela della lavoratrice madre, la deroga al divieto di licenziamento opera nell’ipotesi di cessazione di attività dell’azienda alla quale la lavoratrice è addetta e non è suscettibile d’interpretazione estensiva ed analogica, la Corte ha stabilito che, per la non applicabilità del divieto, devono ricorrere due condizioni: che il datore di lavoro sia un’azienda e che vi sia stata cessazione dell’attività.

Informazioni reperibili dai Consulenti del Lavoro.