La Corte di cassazione con la sentenza n. 30827 21 giugno 2017 Sez. VI Penale conferma l’indefettibilità del requisito dell’iscrizione all’Ordine professionale per l’esercizio della professione di Consulente del Lavoro, escludendo la possibilità di qualsiasi altra soluzione alternativa. Il caso di specie, che ha visto ribadire la natura abusiva dell’esercizio della professione di Consulente del Lavoro, riguardava un soggetto che riteneva la sua iscrizione all'Istituto nazionale dei revisori legali titolo legittimante a svolgere l'attività professionale.
Nel parere n.5/2017 della Fondazione Studi si precisano le motivazioni dei giudici della Suprema Corte, che nella sentenza evidenziano il portato tassativo dell’art. 348 del codice penale, che come noto “punisce chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato”. Viene, inoltre, confermato il rigore più volte testimoniato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, per il quale non sono ammissibili alternative per il legittimo esercizio della professione all’iscrizione all’Ordine (dei Consulenti del Lavoro nello specifico, ma il principio è da ritenersi immanente ad ogni ambito ordinistico). Perché, come in più occasioni ricordato, “integra il reato di esercizio abusivo della professione l'attività di colui che curi la gestione dei servizi e degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale in mancanza del titolo di Consulente del Lavoro e dell'iscrizione al relativo albo professionale” (Cass.pen.Sez. VI, 28 febbraio 2013, n. 9725).
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Rassegna stampa: Italia Oggi del 01.07.2017