A pochi giorni dall’entrata in vigore della riforma del lavoro sportivo, prevista per il 1° luglio, emergono alcune criticità. È quanto sostiene la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nell'approfondimento pubblicato oggi dal titolo “Primi problemi applicativi della riforma del lavoro sportivo”. A destare dubbi, in particolare, il fatto che i destinatari della normativa presentino – come si legge nel Documento – “valori disomogenei e difficilmente monitorabili, visto che, secondo quanto riferisce il Ministro dello Sport, la riforma dovrebbe coinvolgere una platea di circa 500mila soggetti, in massima parte detentori di compensi inferiori a cinquemila euro all’anno, mentre il CONI riporta sul proprio sito un numero di 1,4 milioni di operatori del settore con 140mila fra ASD e SSD affiliate a uno o più organismi riconosciuti dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano”. Nel tentativo di fare chiarezza, il documento analizza tutte le fattispecie giuslavoristiche interessate dalla riforma: dalla definizione di “rapporto di lavoro sportivo” al rapporto di lavoro subordinato sportivo e professionistico, passando per il settore dilettantistico e l’apprendistato. Nel Documento, poi, trova spazio la promozione della parità di genere a opera delle Regioni, delle Province autonome e del CONI, nonché la fiscalità dei redditi, che non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di 15mila euro, e il regime fiscale dei premi. Tra i temi approfonditi, poi, anche le collaborazioni a carattere amministrativo gestionale, le attività dei volontari; ma anche le novità sul piano contributivo, l’assicurazione contro gli infortuni e gli altri adempimenti (Unilav e Lul).
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