Come ci si deve regolare ai fini pensionistici se per alcuni anni si è svolto il proprio lavoro all’estero per poi rientrare in Italia? Quanto incide la residenza in Italia o la residenza nel paese estero presso cui si è svolta questa attività lavorativa? E ancora, cos’è l’AIRE (anagrafe degli italiani all’estero) e come ci si iscrive?
Massimo Braghin, esperto di Fondazione Studi, è intervenuto a Radio24 nella trasmissione “Due di Denari” per illustrare le varie forme di spostamento all’estero e per fornire consigli utili sugli aspetti previdenziali da tenere in considerazione prima di effettuare una trasferta temporanea di lavoro, un distacco o un trasferimento definitivo. "Per quanto riguarda l’aspetto previdenziale - spiega Braghin - c’è una normativa in continua evoluzione che tende a tutelare gli imponibili previdenziali. Recenti sentenze hanno stabilito che per i dipendenti italiani distaccati presso Paesi esteri convenzionati con l'Italia i contributi previdenziali si devono calcolare sulla base delle retribuzioni effettive e non sulle retribuzioni convenzionali". La tendenza a parificare l'imponibile previdenziale è necessario, sottolinea, per non penalizzare i nostri lavoratori che si recano in Stati dell'ex est europeo dove le retribuzioni sono tendenzialmente più basse.
L'esperto mette in evidenza come, nel caso in cui si ricevesse un'offerta di lavoro all'estero a tempo determinato, è fondamentale ai fini del pensionamento la scelta del Paese estero. Il problema a fin i previdenziali non sussiste in caso di Stati appartenenti all'Unione Europea o di altri Paesi extracomunitari con cui l'Italia ha sottoscritto alcune convenzioni bilaterali. Nel corso del suo intervento Braghin si sofferma poi sulla novità per il diritto all'Ape sociale che riguarda proprio i soggetti che hanno lavorato all'estero e che ora potranno presentare domanda di accesso anticipato al pensionamento comprendendo i contributi esteri. Infine, spazio ai quesiti degli ascoltatori sul tema.
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