La formazione dei dipendenti è fondamentale per aumentare la competitività aziendale, ma sempre più spesso questi investimenti sono ritenuti troppo complessi da gestire internamente. Infatti, nelle micro e piccolissime imprese, che occupano al massimo 15 dipendenti e rappresentano il 93,3% del tessuto produttivo italiano, solo una su quattro fa formazione. È quanto segnala la ricerca “I fabbisogni formativi delle micro e piccolissime imprese italiane”, realizzata dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro in collaborazione con FonARCom, Fondo Paritetico Interprofessionale Nazionale per la Formazione Continua, e presentata oggi a Matera nel corso del primo convegno interregionale dei Consulenti del Lavoro di Basilicata e Puglia. L’indagine è stata condotta attraverso un questionario sottoposto a un campione di 1000 Consulenti del Lavoro che ogni giorno sono a stretto contatto con questa platea di imprese.
Dalla ricerca emerge che l’attività formativa in Italia è essenzialmente di tipo “obbligatorio”, come quella su sicurezza sul lavoro e ambiente, e dunque riguarda principalmente i giovani da poco entrati nel mondo del lavoro. Ne consegue che i giovanisono sostanzialmente esclusi dalla formazione non obbligatoria, poiché nella gran parte dei casi non ricoprono ruoli di management. Ancora, la propensione a svolgere corsi formativi aumenta al crescere delle dimensioni dell’impresa, mentre gli imprenditori titolari di micro e piccolissime imprese vedono la formazione non come un investimento, ma come un costo. Fra le imprese che fanno formazione, invece, prevale l’approccio pratico al training on the job (28,3%), la formazione sul campo e le attività sono realizzate essenzialmente ricorrendo a fondi interprofessionali (45,2%) o a società private di consulenza (42,1%).
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