La pubblica amministrazione che ostacola l'attività di un imprenditore paga i danni, quantificati in relazione agli utili che risultano dai bilanci depositati. E' quanto stabilito dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1457 del 6 marzo 2018 riportata su "Il Sole 24 Ore" del 16 marzo. Il caso sottoposto all'attenzione del Consiglio ha riguardato un imprenditore che aveva investito risorse in un’area di 40 mila metri quadrati per un’attività turistico balneare, bloccata dal Ministero per i Beni e le attività culturali. La Soprintendenza per i beni archeologici aveva bloccato per due volte i lavori e per due volte era intervenuto il Tar locale annullando i provvedimenti della Soprintendenza. Evidenziando l'accanimento dell'amministrazione e la sproporzione tra il blocco imposto e i presunti valori archeologici da tutelare, l'imprenditore aveva richiesto un risarcimento danni al Ministero.
La novità apportata dalla sentenza riguarda il ragionamento utilizzato per quantificare il danno. Non affidandosi a relazioni esterne, a parametri di equità o a riduzioni forfettarie a favore di un interesse pubblico, i giudici hanno adottato - per la prima volta in una sentenza amministrativa - il principio di accountability, ovvero la resa dei conti delle proprie azioni. Così, a differenza dei precedenti orientamenti, il Consiglio di Stato ha quantificato il danno: il calcolo del tempo perso - nel caso in questione due anni - è stato convertito in utili non percepiti.
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