È considerato legittimo il licenziamento di un lavoratore per motivi disciplinari, dopo la verifica tramite agenzia investigativa, volta a stabilire se gli ammanchi di cassa costituissero furto.
Nel caso concreto la Corte di Cassazione, con la sentenza n.14454/17, aveva accertato che gli elementi forniti dall’agenzia di investigazione erano stati raccolti in un apprezzabile lasso di tempo, avevano riguardato molteplici episodi e, soprattutto, avevano trovato conferme nelle verifiche contabili operate dal datore di lavoro e ritualmente documentate.
Per quanto riguarda l’utilizzo delle dichiarazioni di dipendenti dell’agenzia investigativa, afferma la Cassazione, la Corte d’appello nella sentenza di merito, risulta essersi uniformata al principio di diritto per il quale, in tema di controlli del datore a mezzo agenzia investigativa, gli illeciti non devono riguardare l’inadempimento della prestazione lavorativa, ma devono incidere sul patrimonio aziendale (mancata registrazione delle vendite ed appropriazione delle somme da parte della cassiera) e non devono presupporre necessariamente illeciti già commessi. Nel caso specifico gli investigatori, fingendosi normali clienti del negozio, si limitavano a presentare alla cassa la merce acquistata e a pagare il prezzo relativo, senza porre in essere manovre dirette ad indurre in errore l’operatrice. Per la Corte, inoltre, viene confermata la regola (a tutela dell’incolpato) che prevede la tempestività della contestazione ed un accertamento non limitato ad un unico episodio (non sempre significativo), accompagnato dall’accertamento delle giacenze di cassa alla fine della giornata lavorativa.
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