Quando la durata massima del periodo di comporto viene calcolata su base mensile, ogni mese equivale a 30 giorni e non ai giorni effettivi che lo compongono e che possono variare da 28 a 31. A precisarlo la Corte d'appello del Tribunale di Milano con la sentenza n.890 del 6 aprile scorso, analizzata a pag. 37 di "Norme e Tributi" del quotidiano economico Il Sole 24 Ore, che descrive la vicenda sottoposta al vaglio dei giudici meneghini.
Si trattava di decidere del superamento dei 18 mesi di comporto previsti dal CCNL metalmeccanici Confapi, dato che il contratto non regolava le modalità di conteggio del periodo. In assenza di parametri negoziali, i giorni di malattia necessari per soddisfare il periodo di comporto, espresso in mesi, dovevano essere calcolati secondo il criterio del calendario comune e, quindi, bisognava collocare il limite del comporto ad un numero di giorni maggiore dell'assenza effettiva del lavoratore.
Per la Corte d'appello milanese il CCNL sopra citato considera il calendario comune come criterio di conteggio solo in casi eccezionali e per questioni che trascendono il computo delle assenze per malattia. Per questo, solo adottando un criterio univoco, che prescinda dall'effettiva durata del mese in cui ricorre la malattia, si assicurano omogeneità e uniformità di trattamento e si evitano incertezze nella quantificazione delle giornate di assenza, a seconda dei momenti in cui si verificano gli stati di malattia.
Le motivazioni della sentenza sono analizzate in modo approfondito nell'articolo che i Consulenti del Lavoro iscritti al sito di Fondazione UniversoLavoro possono visualizzare all'interno del servizio quotidiano di rassegna stampa nazionale a loro dedicato.
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