Riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato attestante la temporanea incapacità lavorativa per malattia da comunicare prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. L’inps, con la circolare n.79/17 ritorna sulle regole per i certificati medici telematico di malattia, sulle violazioni e sulle possibili variazioni della prognosi riportata sul certificato. Tutte le informazioni contenute nel certificato telematico, afferma l’Istituto, rivestono peculiare e specifica importanza. Fra queste, in particolare, la data di fine prognosi – in assenza di ulteriore certificazione – costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia, assumendo un significato di rilievo da un punto di vista amministrativo-previdenziale. In precedenza l’Istituto si era espresso sulla materia con il messaggio n.6973/14.
La rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps. Ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata.
Il lavoratore è, quindi, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato. Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, ma necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. Essa va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga.
Il mancato tempestivo aggiornamento della prognosi, inoltre, potrebbe indurre l’Istituto a ritenere che l’evento di malattia sia ancora in corso e, quindi, ad effettuare controlli domiciliari con oneri a carico dell’Istituto stesso. Nei casi di lavoratori aventi diritto al pagamento diretto della prestazione, emerge anche il rischio di erogazione da parte dell’Inps di prestazioni non dovute, con conseguente necessità di successivo recupero della quota non dovuta di prestazione.
Tenuto conto della necessità di garantire che i dati forniti all’Istituto mediante i diversi flussi certificativi siano tempestivamente aggiornati e veritieri, nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie.
La sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato. Il lavoratore, che si trovi nelle ipotesi sopra descritte e che, non trovato al domicilio di reperibilità, venga invitato a visita ambulatoriale, dovrà, comunque, produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.
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