Denunciare il datore di lavoro non giustifica il licenziamento. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4125 del 2017, giudicando illegittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente che aveva denunciato il proprio datore di lavoro per violazioni di natura penale in materia di disciplina contrattuale del lavoro straordinario, utilizzazione fraudolenta di fondi pubblici e intermediazione illecita di manodopera. Ad analizzare le dinamiche processuali che hanno portato alla sentenza della Corte di Cassazione è l’esperto della Fondazione Studi, Pasquale Staropoli in un video per la web tv di Categoria.
Nei primi gradi di giudizio, sia il Tribunale del Lavoro che la Corte territoriale, avevano confermato il licenziamento: il lavoratore, nell’aver esposto denuncia, aveva superato i requisiti tutelati dal diritto di critica, ledendo l’immagine ed il decoro del datore di lavoro e creando un pregiudizio per l’azienda. Oltre ad aver violato i doveri sanciti dall’art. 2094 del codice civile in materia di rapporto subordinazione, che impone riservatezza al lavoratore circa le dinamiche della realtà aziendale in cui è occupato.
Secondo la Cassazione è invece legittima l’azione del lavoratore perché in essa viene riconosciuto l’interesse pubblico, sotteso alla tutela del diritto penale e del diritto amministrativo, superiore all’interesse del datore di lavoro in materia di subordinazione e di tutela alla riservatezza e alla gestione e disciplina del rapporto di lavoro.
Nella parte finale dell’intervento, Staropoli sottolinea come la segnalazione del lavoratore, quando effettuata in buona fede, non può esser motivo di giusta causa del licenziamento.
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