Il datore di lavoro pubblico che decide di licenziare il personale in esubero per ridurre il costo del lavoro e rispondere ad esigenze di efficienza organizzativa deve rispettare una serie di procedure attraverso la consultazione sindacale così come l'obbligo del repechage ovvero deve dimostrare di aver raccolto informazioni per il ricollocamento dei suoi ex dipendenti presso altre amministrazioni ed adottare criteri di scelta uguali al settore privato.
È quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.3738/2017 depositata il 13 febbraio ed anticipata sulle pagine del Sole 24 Ore di oggi, riguardante il caso di un dipendente pubblico che aveva impugnato la procedura per il collocamento in disponibilità dalla Camera di Commercio presso la quale lavorava.
L'impugnazione era stata già respinta dalla Corte d'appello di Napoli, che aveva ritenuto corretta la procedura adottata per il suo esubero e la sua ricollocazione presso altre amministrazioni pubbliche in virtù di un migliore utilizzo delle risorse umane.
Sentenza confermata anche anche dai giudici della Suprema Corte, che hanno ribadito la necessità per il datore di lavoro pubblico di dimostrare l'impossibilità di ricollocare il dipendente all'interno dell'azienda e per questo motivo di inserirlo in disponibilità negli appositi elenchi previsti dalla Legge.
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