La legge 12/79 all'art. 1 comma 3 definisce Consulente del Lavoro solo chi è iscritto in uno dei 106 albi detenuti dai Consigli Provinciali. Da questo deriva la netta distinzione, voluta dal Legislatore e prevista nella citata legge, tra chi è “abilitato” all’esercizio di questa professione e chi, invece, ne è meramente “autorizzato” per alcune funzioni.
"La distinzione sta nel fatto che per essere iscritti all'Ordine - ed essere, quindi, abilitati all'esercizio della professione con relativo utilizzo del titolo professionale - bisogna svolgere il praticantato e superare l'esame di Stato, garanzia cioè di avere approfondito in modo specialistico le materie oggetto della professione di Consulente del Lavoro. Non a caso gli esami sono organizzati, gestiti e vigilati dal Ministero del lavoro, su previsione della medesima legge. Tutto questo, invece, non è richiesto per gli autorizzati, cioè gli altri soggetti che avendo altri requisiti rispetto a quelli sopracitati possono svolgere alcune delle funzioni attribuite invece alla categoria".
Così Rosario De Luca, Presidente di Fondazione Studi, nel suo ultimo editoriale per "Leggi di Lavoro", nel quale precisa che "la differenziazione esistente nella norma trova la sua ragione d'essere nel diverso percorso formativo e qualificativo che si è obbligati a seguire per potersi iscrivere all'Ordine dei Consulenti del Lavoro e, conseguentemente, potersi fregiare del titolo".
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