Se nei 12 mesi precedenti la cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la NASpi si verifica una cessazione volontaria da un rapporto a tempo indeterminato, il lavoratore potrà ottenere il trattamento solo se ha maturato almeno 13 settimane di contributi nell'arco di tempo che va dalla data di cessazione per dimissioni/risoluzione consensuale del precedente rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la NASpI. Lo precisa l’Inps con la circolare n. 98 del 5 giugno scorso, ricordando il requisito contributivo di 13 settimane per gli eventi di disoccupazione involontaria, verificatisi dal 1° gennaio 2025 e previsto dalla legge di Bilancio 2025, si applica solo se le dimissioni provengono da un contratto a tempo indeterminato; la cessazione involontaria successiva, invece, può riguardare anche un rapporto a termine. Resta invece invariato l’accesso alla prestazione per chi si dimette per giusta causa, durante i periodi di maternità o paternità, o in seguito a una risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione prevista dall’art. 7 della legge n. 604/1966. Tra le dimissioni per giusta causa rientrano - precisa l’Istituto - anche quelle presentate in seguito a trasferimento non giustificato ad altra sede, anche se non distante, purché manchino comprovate esigenze tecniche, organizzative o produttive. Escluse dalla nuova restrizione le risoluzioni consensuali dovute al rifiuto di trasferimento a una sede oltre 50 chilometri dalla residenza o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi pubblici. Tali ipotesi continuano a essere considerate valide per l’accesso alla NASpI, anche se non esplicitamente citate nella norma, poiché assimilate a cause involontarie.
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