Le probabilità di infortunio per chi lavora di notte sono inferiori rispetto a chi lavora di giorno. Lo rivela uno studio svolto dalla Consulenza Statistico Attuariale dell’Inail, che analizza le denunce di infortunio, inclusi i casi mortali, nel quinquennio 2018-2022, aggiornato al 31 ottobre 2023. L’analisi presenta un quadro dettagliato degli infortuni notturni, un fenomeno ancora poco esplorato, con un focus sulle differenze rispetto agli infortuni in generale e sulle specificità dei rischi legati al lavoro notturno. In particolare, emerge che gli infortuni notturni costituiscono in media il 2,8% del totale degli eventi denunciati, con una maggiore incidenza degli incidenti in itinere notturni, pari al 4,1% rispetto al 2,6% del complesso degli infortuni. L'uso di mezzi di trasporto aumenta significativamente il rischio, soprattutto nei casi mortali, che rappresentano il 21% delle denunce e il 60% dei decessi, rispetto al 14% e 36% dei dati complessivi. Secondo la normativa vigente – si legge nel documento - il lavoro notturno, fondamentale per garantire servizi essenziali come sanità, sicurezza, trasporti e processi industriali a ciclo continuo, è svolto da chi lavora almeno tre ore di notte per un minimo di 80 giorni all'anno. L'aggiornamento dello studio, che riprende e approfondisce una ricerca del 2011, conferma che i lavoratori notturni hanno un rischio di infortunio inferiore rispetto ai lavoratori diurni. Questo perché molte attività ad alto rischio, come l'edilizia e alcuni settori industriali, avvengono di giorno, mentre il lavoro notturno è più comune nel terziario, dove i rischi sono generalmente minori.
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