L’IA ha permesso a 3 lavoratori su 5 “di concentrarsi sulla parte più interessante del proprio lavoro, lasciando agli algoritmi le attività più ripetitive, noiose e, in alcuni casi, più pericolose”. Allo stesso tempo, 4 lavoratori su 5 nutrono più di qualche dubbio sull’utilizzo in prospettiva delle nuove tecnologie. Sono alcuni degli esiti di un’indagine portata avanti dall’Ocse, organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico, condotta su 2mila imprese di 7 paesi membri e 5mila e 300 lavoratori che utilizzano l'IA per comprendere l’impatto di queste nuove tecnologie sul mondo del lavoro. Stefano Scarpetta, Direttore Occupazione, Lavoro e Affari Sociali dell’osservatorio, ha illustrato, al Festival del Lavoro 2024, i principali dati di questa ricerca tenendo a precisare che “a oggi non risulta alcuna evidenza che l’IA sostituisca i lavoratori”. Detto questo, per scongiurare i rischi legati all’uso dell’IA, Scarpetta crede che la partita dell’innovazione tecnologica e digitale si giochi sulla formazione professionale. “Una percentuale intorno al 27/30% dei posti di lavoro nei prossimi anni sarà fortemente impattata dall’utilizzo dell’IA” ha affermato durante il suo intervento sul palco dell’Auditorium. “Quasi tutti i lavoratori saranno esposti a lavorare con queste tecnologie e devono, pertanto, avere gli strumenti per essere complementari a quello che le macchine potranno fare”. E sugli investimenti nel digitale – continua Scarpetta – l’Italia sconta un ritardo rispetto agli altri Paesi membri dell’Ocse. L’IA, tuttavia, rappresenta un fattore che il Belpaese può sfruttare “anche più di altri Paesi”. Le competenze che saranno più richieste per lavorare “fianco a fianco” con l’IA sono “la creatività, la flessibilità nel modo in cui si lavora e anche la localizzazione del posto lavoro”. Insomma, un grande potenziale, ma c’è tanto ancora da fare per Scarpetta. “Stiamo festeggiando i livelli più alti di occupazione nel nostro Paese, ma allo stesso tempo sono quasi 30 anni che la produttività del lavoro in Italia cresce pochissimo e, di conseguenza, anche i salari”, ha concluso.
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