Per l’esercizio dei diritti sindacali, i lavoratori somministrati devono fare riferimento in primo luogo al contratto collettivo applicato dall’agenzia di somministrazione. Tuttavia, è necessario che per la durata della missione, la disciplina applicabile in concreto al somministrato sia integrata dalle previsioni del CCNL applicato dall’utilizzatore. E ciò allo scopo preciso di garantire l’effettività del principio di parità in merito alle condizioni di lavoro e occupazione dei lavoratori che non devono essere nel complesso inferiori a quelle applicate ai dipendenti di pari livello dell’utilizzo, come specificato dall’articolo 35, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015. A chiarirlo l’Ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con l’interpello pubblicato il 15 settembre 2023. Il sindacato di un’associazione agroalimentare ha presentato istanza di interpello per capire, in relazione all’esercizio dei diritti sindacali dei lavoratori somministrati, se trovasse applicazione il contratto collettivo nazionale di lavoro del somministratore o dell’utilizzatore. Come noto – chiarisce il Ministero dopo aver sentito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro – il rapporto di somministrazione coinvolge tre soggetti, legati da due differenti rapporti contrattuali: il contratto commerciale tra l’utilizzatore e il somministratore e il contratto di lavoro individuale stipulato tra l’agenzia di somministrazione e il lavoratore somministrato. Datore di lavoro del lavoratore somministrato è quindi formalmente l’agenzia di somministrazione anche se la prestazione è svolta nell’interesse dell’utilizzatore. Tali precisazioni – conclude il Dicastero di Via Veneto – sono valide anche per quanto riguarda i diritti sindacali dei lavoratori somministrati, rispetto ai quali l’articolo 36 del citato decreto legislativo, al comma 1, prevede che si applichino i diritti sindacali previsti dallo Statuto dei lavoratori.
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