Il contribuente che opta per il regime forfetario al rientro in Italia non può usufruire del regime agevolato per lavoratori impatriati per gli eventuali compensi derivanti da un nuovo incarico perché le somme non concorrono alla formazione del reddito complessivo. L’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 190/2023 esamina il caso di un lavoratore che, a partire dal 2014, trasferisce residenza e domicilio all’estero, senza, tuttavia, iscriversi all’AIRE. Al rientro in Italia, avvenuto nel periodo di imposta 2020, usufruisce del regime forfetario (articolo 1, commi da 54 a 89, l. n. 190/2014) e, avendo ricevuto la proposta di essere nominato membro del Cda di alcune società, chiede di poter beneficiare del regime speciale dei lavoratori impatriati per i compensi, nel caso in cui decida di accettare l'incarico.
Secondo l’amministrazione finanziaria, tuttavia, per effetto dell’opzione per il regime forfetario già esercitata nei periodi di imposta 2020 e 2021, il lavoratore non può usufruire del regime agevolato previsto dall'articolo 16 del D.Lgs. n.147/2015, negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ossia dal 2022 al 2024). La circolare n. 33/E del 2020 delle Entrate chiarisce infatti che ''il contribuente che rientra in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo”. Di conseguenza, pur sussistendo i requisiti per l'applicazione del regime degli impatriati al momento del rientro in Italia, dal comportamento dell'istante è emersa la volonta di non avvalersi del regime degli impatriati fin dal rientro in Italia e questo per le Entrate ha determinato l'impossibilità di esprimere a posteriori l'opzione per il diverso regime.
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