A perderci per primo è lo Stato. Quasi 2,7 miliardi di mancato gettito tra evasione contributiva e fiscale e di questi la parte più rilevante è rappresentata dagli oneri contributivi evasi: circa 1,6 miliardi i contributi che le famiglie italiane avrebbero dovuto versare nel caso di un’assunzione regolare del collaboratore domestico. A questo si somma l’evasione fiscale derivante dalla mancata o parziale dichiarazione dei redditi dei lavoratori: secondo le ultime stime circa 1 miliardo di euro, corrispondente ad una base imponibile non dichiarata di circa 8,8 miliardi. È quanto emerge dallo studio dal titolo “Il costo nascosto del lavoro domestico”, promosso da Assindatcolf (Associazione Sindacale Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico) e realizzato da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat, Mise, Mef e su una ricerca condotta su oltre 1500 Consulenti del Lavoro. Per Rosario De Luca, presidente di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, “l’esclusione delle famiglie datrici di lavoro dagli incentivi alle assunzioni non solo alimenta l’idea che quello domestico sia un lavoro “diverso” dagli altri, ma esclude dagli incentivi proprio un settore per cui questi potrebbero rappresentare un valido sostegno alla regolarizzazione”. Per Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, “senza deducibilità totale del costo del lavoro non è possibile creare una contrapposizione di interessi tra le parti e, soprattutto, assicurare dignità al comparto. Occorre considerare che i redditi vengono tassati due volte. Un assurdo se si pensa che si tratta di redistribuzione di ricchezza non essendovi fine di lucro in una famiglia che assume un domestico”.
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Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore 16 giugno 2022 - Verità e Affari 16 giugno 2022
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