Il lavoratore che rientra in Italia dopo essere stato in distacco all'estero non può fruire dell’agevolazione fiscale prevista per gli impatriati - all’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (decreto “Internazionalizzazione”) - in presenza di una situazione di "continuità" con la posizione lavorativa svolta prima dell’espatrio. A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 259 dell'11 maggio 2022, in cui precisa che si è in situazione di continuità anche quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal "nuovo" ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro, in virtù di intese di varia natura, quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell'espatrio. Rimandando, poi, alla circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020 e alla Risoluzione n. 76/E del 5 ottobre 2018 per le modalità di accesso al regime speciale impatriati e per la sua fruizione, le Entrate sottolineano che il lavoratore potrà accedere al beneficio solo nel caso in cui, una volta trasferita la propria residenza fiscale in Italia, l’attività lavorativa venga disciplinata da una “nuova” situazione contrattuale.
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