Capaci di fronteggiare l’emergenza di fronte all’epocale crisi causata dal Covid-19, pronti a cogliere la sfida della ripartenza investendo in tecnologia e nuovi modelli organizzativi per i propri studi professionali. La maggior parte dei Consulenti del Lavoro intervistati nell’anno più buio dell’economia italiana, il 2020, sono riusciti a superare indenni la crisi; il 29,9% ha visto crescere il fatturato; il 23,6% il numero dei clienti e il 22% il valore medio degli incarichi. Dopo aver assistito 6 milioni e mezzo di lavoratori e un milione e mezzo di imprese nel corso della pandemia, senza risparmiarsi anche in orari festivi e notturni, i 26mila Consulenti del Lavoro sono pronti a rinnovarsi e ad offrire servizi in linea con le trasformazioni del mercato del lavoro: dalla consulenza giuridica ed economica sui rapporti di lavoro (59% delle risposte) alla crisi di impresa (56,6%); dal welfare aziendale (56,1%) alla sicurezza sul lavoro (46,7%), passando per l’organizzazione del lavoro (45%), la selezione, formazione e le politiche attive (44%). A delineare il nuovo profilo della Categoria è l’indagine “Progettare il futuro: scenari di evoluzione della professione del Consulente del Lavoro nel dopo pandemia”, promossa dall’Enpacl, realizzata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e presentata in occasione degli Stati Generali dei Consulenti del Lavoro. Un rapporto dal quale emerge l’immagine di una professione destinata a diventare sempre più centrale nei prossimi anni. Nonostante, infatti, il sovraccarico di lavoro e di adempimenti nel periodo emergenziale, alle prese con richieste di sussidi a fondo perduto, crediti d’imposta, incentivi statali e cassa integrazione - che ha causato stress e preoccupazione per il 55,2% degli intervistati - in molti sono riusciti a riorganizzare il proprio lavoro cogliendo la sfida del rinnovamento.
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