La fine dello smart working emergenziale per la Pubblica Amministrazione non elimina lo strumento ma lo riporta alla sua natura originaria, con il ricorso al lavoro agile normato dalla legge n. 81/2017. Lo ricorda Pasquale Staropoli, Responsabile della Scuola di Alta Formazione di Fondazione Studi, nell’articolo pubblicato sul corriere.it incentrato su pro e contro del ritorno alle regole ordinarie nel comparto del lavoro pubblico. «Da previsione di legge – spiega Staropoli – lo smart working si fonda essenzialmente sulla volontà delle parti e può essere regolato dall’accordo che queste raggiungeranno. In linea di principio, pertanto, non potrà essere imposto e non potrà neppure essere preteso dal lavoratore». Resta la possibilità di codificare con accordi collettivi delle ipotesi sui requisiti per la disciplina dell’accordo o condizioni in cui vi si potrà accedere ma, si ricorda nell’articolo, «finita l’esperienza emergenziale, cessano gli obblighi incondizionati, i limiti di occupazione a distanza, etc..».
Più che di vantaggi o svantaggi rispetto al ritorno alla “normalità” della disciplina Pasquale Staropoli propone una riflessione per mettere in atto «a regime, le finalità vere dello smart working, destinate a promuovere la produttività in contemporanea del miglior bilanciamento dei tempi vita/lavoro delle persone».
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