Il Garante per la privacy ha adottato, in data 13 maggio 2021, un documento di indirizzo sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro, prevista dal Protocollo nazionale del 6 aprile 2021, per fornire indicazioni generali sul trattamento dei dati personali, in attesa di un definitivo assetto regolatorio. L’iniziativa di consentire l’attivazione di punti vaccinali sui luoghi di lavoro, comportando trattamenti di dati personali, anche relativi alla salute dei lavoratori - si legge -, se da un lato può rappresentare un’opportunità per supportare la campagna vaccinale e per rendere più semplice l'accesso alla vaccinazione per i lavoratori, dall’altra dovrà essere attuata nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati (Regolamento (UE) 679/2016 e Codice in materia di protezione dei dati personali), delle norme emanate nel contesto dell’emergenza, nonché delle disposizioni nazionali più specifiche. L'Autorità precisa che anche per la vaccinazione sul luogo di lavoro dovrà essere assicurato il rispetto del tradizionale riparto di competenze tra il medico competente e il datore di lavoro, messo in evidenza nel documento sul ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro. Dunque, le principali attività di trattamento dati - dalla raccolta delle adesioni, alla somministrazione, alla registrazione nei sistemi regionali dell’avvenuta vaccinazione- devono essere effettuate dal medico competente o da altro personale sanitario appositamente individuato. Nel quadro delle norme a tutela della dignità e della libertà degli interessati sui luoghi di lavoro, infatti, non è consentito al datore di lavoro raccogliere direttamente dai dipendenti, dal medico compente, o da altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, informazioni relative all’intenzione del lavoratore di aderire alla campagna o alla avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati relativi alle sue condizioni di salute. Solo, quindi, il professionista sanitario opportunamente individuato dovrà essere a conoscenza dell’adesione volontaria da parte del lavoratore. Il datore di lavoro, all’atto della presentazione del piano vaccinale aziendale all’ASL territorialmente competente, dovrà limitarsi a indicare esclusivamente il numero complessivo dei vaccini necessari per la realizzazione dell’iniziativa. Nel piano, elaborato con il supporto del professionista sanitario e presentato dal datore di lavoro, non dovranno essere presenti elementi in grado di rivelare l’identità dei lavoratori aderenti all’iniziativa. Tenuto conto dello squilibrio del rapporto tra datore di lavoratore e dipendente - si legge, inoltre, nel documento -, il consenso del lavoratore non può costituire in questi casi un valido presupposto per trattare i dati sulla vaccinazione così come non è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, dall’adesione o meno alla campagna vaccinale. Nel documento, infine, indicazioni su somministrazione, registrazione del vaccino e giustificazione delle assenze.
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