Con la nota n. 553 del 2 aprile 2021 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce chiarimenti sull’interdizione al lavoro delle lavoratrici madri in periodo successivo al parto, secondo quanto condiviso con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (nota n. 2437/2021) e alla luce delle disposizioni previste dal D.Lgs n. 151/2001. Il provvedimento fa riferimento, infatti, al divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento pesi nonché a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri, specificando come gli organi di vigilanza e gli Ispettorati del lavoro debbano autorizzare l’interdizione dal lavoro della lavoratrice laddove non sia possibile adibirla ad altre mansioni e quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla sua salute e a quella del bambino. L'Ispettorato ritiene che, anche qualora il rischio attinente al sollevamento dei pesi non sia stato espressamente valutato nel DVR (documento di valutazione del rischio), l’adibizione a tali mansioni costituirebbe comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela della lavoratrice, con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione da parte dell’amministrazione competente, ferma restando una valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni. Orientamento, questo, in linea con quanto espresso in precedenza dalla giurisprudenza e dal Ministero del Lavoro. Nella nota, inoltre, ulteriori chiarimenti sul termine finale da indicare nel provvedimento di interdizione post partum adottato nelle ipotesi di parto prematuro (con i giorni antecedenti al parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria che si aggiungono al periodo di congedo obbligatorio di maternità da fruire dopo il parto) e nelle ipotesi di interdizione fino al settimo mese dopo il parto (con i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti che si aggiungono al termine della fruizione dei sette mesi decorrenti dalla data effettiva del parto). Importante, ricorda infine l'INL, che la lavoratrice inoltri sempre un’apposita istanza all’Inps per vedersi riconosciuto il diritto all'astensione e l'indennità sostitutiva, perché la sentenza dichiarativa del diritto all'indennità non sostituisce il provvedimento della PA inteso quale presupposto necessario per l’erogazione della misura.
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