Se un lavoratore decide di mettersi in quarantena spontaneamente, cioè si isola in casa autonomamente, in via precauzionale, perché teme un contagio o di poter contagiare, “non ha diritto alla malattia in quanto non ci si trova in presenza di un provvedimento disposto da un operatore della sanità pubblica che certifichi questo stato”. A dichiararlo è Pasquale Staropoli, Responsabile della Scuola di Alta Formazione della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sul corriere.it. Niente malattia, peraltro, per il lavoratore che risiede in un comune dove è stata disposta una ordinanza per limitare i movimenti o nel caso in cui l’azienda abbia sede in una zona rossa. La prassi Inps, infatti, riconosce il trattamento nel caso in cui la quarantena o la sorveglianza sanitaria siano state certificate e disposte dalla Asl e dal medico di base. “In quest’ultimo caso – spiega, infatti, Staropoli - la soluzione per le aziende potrebbe essere quella di attingere per i propri lavoratori alla CIG Covid, specificatamente prevista dal legislatore per sopperire a questa impossibilità di rendere la prestazione, o in alternativa, prevedere lo smart working laddove possibile per la mansione svolta”. Lavoro agile che, invece, rimane inibito nel caso di malattia vera e propria, per Covid-19 così come per altre patologie certificate dal medico. Infatti, se il lavoratore in quarantena continua a svolgere attività da casa non avrà diritto alla indennità di malattia e la stessa disciplina andrà applicata ai lavoratori sottoposti a sorveglianza precauzionale perché soggetti fragili.
Notizie correlate: Smart working: regole chiare nel pubblico, ma nessun obbligo nel privato - Chi ha diritto alla malattia durante la quarantena?