Al rientro dalle ferie, aumentano i tamponi e di conseguenza anche i positivi, ma asintomatici, al Covid-19. Già a giugno l'Inps aveva chiarito come il periodo di quarantena, che scatta con il riconoscimento della positività al virus, debba essere equiparato alla malattia. In presenza di asintomatici, però, e con la possibilità di lavorare in smart working, come devono comportarsi i datori di lavoro? A rispondere a questo interrogativo, su Repubblica.it, è l'esperto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Pasquale Staropoli per il quale la casistica andrebbe meglio regolamentata. "Allo stato attuale, in presenza di un quadro clinico conclamato di positività e quindi di una disposizione medica, l'unico esito possibile è la malattia del lavoratore", spiega. Qualora quest'ultimo, però, esprima la volontà di continuare a lavorare da remoto "non si può lavorare da casa se c'è un certificato medico che dispone la quarantena". Infatti, in caso di peggioramento del quadro clinico "il datore di lavoro potrebbe ritenersi responsabile" e, anche qualora vi fosse un certificato medico che stabilisse lo smart working non dannoso per il lavoratore, "bisogna poi vedere chi sarebbe disposto ad assumersi una tale responsabilità", conclude.
Rassegna stampa: La Nuova Provincia di Asti del 22.09.2020
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