Sebbene, secondo gli ultimi dati Istat, nel mese di maggio il tasso di occupazione abbia toccato per la prima volta il 59% e la disoccupazione sia scesa al 9,9%, non si può far a meno di notare il crollo delle ore lavorate negli ultimi 12 anni. Oggi, infatti, siamo sotto di oltre 500 milioni di ore rispetto agli oltre 11 miliardi e 500 milioni di ore impiegate del 2007 e i lavoratori in part-time superano il 46%.
Su Quotidiano Nazionale vengono riporate le valutazioni effettuate dall'Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro nell'indagine "Donne al lavoro: o inattive o part-time", diffusa nel mese di marzo, secondo cui si sta prendendo piede il c.d. "part-time involontario" ovvero il taglio obbligato dell'orario di lavoro per evitare il licenziamento o la cassa integrazione. Un fenomeno che colpisce soprattutto le donne, anche a causa dell'inadeguatezza dei servizi di welfare per l'assistenza ai figli e la cura dei familiari non autosufficienti. Infatti, oltre il 50% delle assunzioni di lavoratrici in Italia è a orario ridotto e gli effetti di questa "scelta" si ripercuotono sia sulla busta paga sia sul futuro pensionistico. Su 2,8 milioni di donne assunte nel 2017, il 36% ha ricevuto uno stipendio mensile inferiore a 780 euro: condizioni, queste, che non consentono di alimentare in modo continuo le posizioni previdenziali per accedere alla pensione.
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