Per il calcolo della durata massima del lavoro notturno, in assenza di una definizione normativa o contrattuale, conta la settimana lavorativa di 6 giorni. A chiarirlo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella nota n. 1438 del 14 febbraio, rispondendo ad una richiesta di parere dell’ITL di Biella sul limite previsto dall’art. 13 del D. Lgs. n. 66/2003, pari a 8 ore in media nelle 24, salvo un periodo di riferimento più ampio individuato dai contratti collettivi, anche aziendali.
Poiché però la norma non prescrive nulla sul parametro temporale in relazione al quale effettuare la media oraria del lavoro notturno, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con la circolare n. 8 del 2005, ha precisato che la media fra ore lavorate e non lavorate pari ad 1/3 (8 ore su 24) può essere applicata su un periodo di riferimento pari alla settimana lavorativa, adoperata più volte dal Legislatore come parametro per la quantificazione della durata della prestazione ma fatto salvo quanto diversamente previsto nei contratti collettivi. Secondo l’Ispettorato la “settimana lavorativa”, in assenza di una definizione normativa o contrattuale, può essere individuata nell’astratto periodo di 6 giorni (nel caso di prestazione lavorativa su 5 giorni, pertanto, il sesto giorno è da considerarsi giornata di lavoro a zero ore) e cioè nell’arco temporale settimanale al “netto” del giorno obbligatorio di riposo previsto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 66/2003. Tale soluzione - conclude la nota - consente una applicazione più uniforme della disciplina, tenendo in debito conto il fatto che il lavoratore impiegato su 5 giorni avrebbe comunque due giorni per il recupero delle proprie energie psicofisiche.
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