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Lunedì, 29 Ottobre 2018 13:38

Genova lancia l’allarme infrastrutture

Se si scelgono gli investimenti anche l’economia riparte, dal luttuoso evento di un paio di mesi, orsono, si possono articolare alcune considerazioni di respiro socio-economico, utili al decisore politico per attuare interventi strutturali. La riflessione primaria che arriva da Rosario de Luca, presidente di Fondazione studi dei Consulenti del lavoro, è che con il crollo del ponte autostradale Morandi sia crollato anche il senso di sicurezza e di fiducia nella rete delle infrastrutture italiane, la cui costruzione è troppo lontana nel tempo per lasciare tranquilla l’intera popolazione. Per questo è indispensabile investire subito in nuove infrastrutture e in sicurezza per poter restituire fiducia al popolo, ma anche per ridare slancio all’economia, che solo così potrebbe ripartire dando respiro anche all’occupazione.

Non è novità di oggi che il rilancio dell’occupazione passi esclusivamente dalla crescita economica; nè che questa è possibile solo in presenza di interventi strutturali e non di spot. Il tema degli anni scorsi è sempre stato questo: nessuna riforma strutturale, nessun investimento in infrastrutture, quindi nessuna crescita economica e invece aumento della disoccupazione. Consecutio tanto scontata quanto tragica per le famiglie italiane. Il Paese continua ad avere bisogno di corposi investimenti nella rete infrastrutturale viaria, autostradale, ferroviaria. Ha bisogno che vengano distribuite risorse per la realizzazione di opere pubbliche primarie, facendo così ripartire l’intera filiera degli appalti e dell’occupazione. Non ha bisogno di interventi brevi e a pioggia, molto abbondanti in passato, che nulla fanno mutare nel complessivo quadro economico. La speranza è che il buon senso prevalga sulle logiche politiche ed elettorali, innanzitutto intervenendo subito per ripristinare la viabilità e la normalità nella città di Genova. Ma anche su tutte le opere pubbliche e le infrastrutture che necessitano di manutenzione ordinaria e straordinaria, proseguendo nella realizzazione delle grandi opere al momento bloccate.

E non è novità, peraltro, che l’occupazione non si crea per decreto, considerato che qualsiasi quadro regolatorio interviene certamente sulla qualità della gestione dei rapporti di lavoro, ma può solo far decrementare l’occupazione e non incrementarla.

L’unica via d’uscita per sbloccare la situazione occupazionale, ormai incagliata nel segno meno, è attivare investimenti in infrastrutture e opere pubbliche. Si farà il bene delle aziende, dei lavoratori e anche dei semplici cittadini, che finalmente potranno godere di un Paese più moderno e più sicuro.